Abbazia di Monte Oliveto Maggiore

L'Abbazia Benedettina e il Monastero di Monte Oliveto Maggiore in Toscana

Abbey of Monte Oliveto Maggiore

L’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore si trova nella provincia di Siena. Costruita nel 1319 da Giovanni (Bernardo) Tolomei, da Ambrogio Piccolomini e da Patrizio Patrizi, è occupata della Congregazione Benedettina Olivetana. Una delle funzioni più vecchie dell’Abbazia era quella del ricovero ospedaliero. La Via Francigena che passava vicino all’Abbazia era percorsa da viandanti che potevano fermarsi per trovare riparo, conforto, giaciglio, ristoro ed anche cura di malattie e acquisto di medicinali.

Abbey of Monte Oliveto Maggiore

Gli affreschi

É una Abbazia molto particolare per la presenza, nel chiostro grande, di un importante ciclo d’affreschi - con storie di S. Benedetto - dovuti a Luca Signorelli che, nel 1497, dipinse tutta la parete d’ingresso e a Giovanni Antonio Bazzi detto "il Sodoma" che completò le altre tre pareti nel brevissimo tempo di tre anni a partire dal 1505: anno in cui al Signorelli fu commissionato di dipingere il Duomo di Orvieto.

Due artisti completamente diversi nel carattere e nelle opere; il Signorelli, dal carattere pacato, distaccato come i grandi pittori dell’epoca; eccentrico, lunatico, vendicativo e dispettoso il Sodoma; diversità queste che si confrontano negli affreschi dell’Abbazia di Monte Oliveto dove l’impronta di austerità del Signorelli quasi è di contrasto con la vitalità e la vivacità che il Sodoma (tale nome deriva dal fatto che Sodoma era di Vercelli e ripeteva spesso ai suoi collaboratori: "S’doma" "Muovetevi" per sollecitarli nel lavoro e con il passare del tempo e con il ripetersi della parola diventò Sodoma; nome che gli rimase ad identificarlo) seppe imprimere alla sua pittura.

Chiostro Grande Monte Oliveto Refectory

Nell’ammirare gli affreschi che narrano la storia di S. Benedetto che da giovane (1° affresco) parte, a cavallo, da Norcia alla volta di Roma, si rimane colpiti dalla personalità del Sodoma, un personaggio non molto facile, abbastanza eccentrico che si dipinge sempre in primo piano mettendo addirittura S. Benedetto di lato; un personaggio speciale, ma anche divertente tanto da dipingere qua e là dei particolari curiosi frutto di certe litigate tra lui e l’Abate che gli aveva commissionato il lavoro.

Per esempio in un affresco il Sodoma ha dipinto un cavallo senza le zampe anteriori; è questo uno dei primi dispetti che l’insigne pittore decise di fare all’Abate per divergenza di opinioni; poi fecero la pace ma, intanto, il dispetto rimase immortalato; proseguendo nell’ammirare gli affreschi se ne incontrano altri a testimonianza di scontri più o meno rilevanti tra i due.

Come quello in cui il Sodoma ha nascosto, sotto le vesti, quasi tutte le mani ai monaci perché avendo chiesto una retribuzione più consistente per la sua prestazione ed avendo ricevuto in cambio un netto diniego dall’Abate per necessità di risparmio, il Sodoma decise anche lui di risparmiare ed essendo le mani il motivo più difficile e laborioso da eseguire in un affresco, il pittore si adeguò, a suo modo, al risparmio.

Negli affreschi che esaltano la vita e i miracoli di S. Benedetto emerge molto spesso la tentazione che mette a dura prova sia la tenacia del Santo sia degli altri personaggi raffigurati come ad esempio nel dipinto in cui S. Benedetto prende l’abito religioso e lo si vede – da eremita – davanti alla grotta dove abiterà solitario in preghiera; sopra la grotta c’è il diavolo, che rappresenta il male, ed è raffigurato con una pietra in mano nel tentativo di rompere la campanella che veniva adoperata per avvertire S.Benedetto dell’arrivo del cibo, calato nella grotta da un altro eremita; è questo l’episodio in cui S. Benedetto farà il suo primo digiuno perché non sentendo più suonare la campanella non si prodigherà a recuperare il cibo.

La fama di San Benedetto di essere un personaggio severo e poco accomodante fa sì che gli eremiti che vivono con lui non siano molto contenti della situazione e costatato che la vita con lui è tutt’altro che facile, tenteranno di ucciderlo, come si vede nell’affresco in cui un eremita porge un bicchiere di vino avvelenato a S. Benedetto ma il Santo si fa il segno della croce, il bicchiere si spezza ed il liquido si rovescia senza che S. Benedetto possa assaggiarlo; la cosa strana e divertente è che gli eremiti sono dotati di grossi nasi: Sodoma ha dipinto gli eremiti con le sembianze degli abati del suo tempo fornendoli, però, di un naso un po’ più grande del normale quasi volesse allegoricamente prenderli in giro.

L’affresco considerato più bello è quello in cui compaiono personaggi importanti: San Benedetto con la barba, poi c’è Leonardo da Vinci, quello con il cappello è Raffaello, quello dietro San Benedetto. è Luca Signorelli - il pittore autore degli affreschi del primo lato -, quello davanti è Lorenzo il Magnifico…; sullo sfondo una veduta di Roma: un arco e i cavalieri che irrompono dando forza alla scena principale che tratta di due giovani romani Mauro e Placido che seguiranno San Benedetto facendosi monaci; Mauro e Placido si incontreranno poi in un altro affresco quello in cui i due personaggi, che adesso sono grandi, si sono fatti monaci e uno dei due sta per affogare, è caduto in acqua e sta per morire e San Benedetto che ha la facoltà di vedere tutto, fa il miracolo di mandargli il fratello a salvarlo.

Un altro elemento importante negli affreschi della vita e dei miracoli di San Benedetto è l’esorcismo: il diavolo si è impossessato di un monaco tenendolo per le vesti e cerca di portarlo fuori del monastero e San Benedetto lo esorcizza e frusta a sangue il monaco facendo fuggire il diavolo; questo è uno degli affreschi più violenti.

Gli affreschi della storia di San Benedetto riservano ancora molte sorprese: San Benedetto era un uomo molto duro, molto forte e si faceva molte inimicizie; in un affresco è narrato l’episodio in cui tentano ancora di ammazzarlo; questa volta è addirittura un prete di nome Florenzo che porge un panino, ancora una volta avvelenato, ma prima che San Benedetto lo mangi un corvo lo becca e muore.

Padre Florenzo non si fermò qui e mandò delle prostitute al monastero per tentare San Benedetto e qui il Sodoma, con la sua pittura, dà una sua interpretazione personale: dipinge le donne come due Veneri e il Vasari asserisce che le avesse fatte nude tenendo i dipinti sempre coperti, mentre le dipingeva; quando, alla fine del lavoro, chiamò a raccolta i monaci e scoprì l’affresco i monaci furono spiacevolmente sorpresi ordinandogli di ricoprire le nudità. Tutto questo è solo una maldicenza del Vasari perché tra lui e il Sodoma non correva buon sangue, infatti, con strumenti e tecnologie alcuni esperti sono riusciti a vedere se sotto le vesti di queste donne c’erano tracce di dipinti ma non hanno trovato niente: le due donne erano state dipinte vestite fin dall’inizio.

Per sapere come finisce la storia di Florenzo basta proseguire nella visita dove in un affresco è dipinta la sua fine: rimane sepolto sotto le macerie e muore e i diavoli, dipinti in alto, portano via l’anima maledetta.

L’affresco capolavoro del Signorelli è quello dove due monaci che erano usciti dal monastero senza permesso ed erano andati all’osteria a mangiare, si pentono del loro operato e tornano al monastero; San Benedetto sa per filo e per segno quello che loro avevano fatto e nell’affresco i monaci sono inginocchiati davanti al Santo per pentirsi.

Interessante è l’affresco che mostra la storia del Re Totila che vuole conoscere San Benedetto e manda a parlare con lui uno scudiero vestito come un Re per vedere se il Santo si accorge della sostituzione; nell’affresco lo scudiero è inginocchiato fino a terra mentre Totila - che è il vero Re -gli sta accanto (solo i servi si inginocchiano, i Re non si inginocchiano mai) ma lo sguardo di San Benedetto è tale da aver capito l’imbroglio; dietro a Totila una sua guardia del corpo tiene stretto un pugnale pronto ad intervenire per difendere il Re.

Un affresco curioso è quello in cui sono dipinti i monaci veri dell’epoca: un monaco ruba un panino ad un altro monaco e quest’ultimo se ne accorge e tenta di riprendersi il suo panino; un altro monaco arriva, si accorge della scena e gli ridono gli occhi stando attento a non farsi accorgere da San Benedetto che scruta che tutto sia fatto per bene; nell’affresco sono dipinti anche un cane e un gatto; è questa una piccola allusione che il Sodoma ha dedicato ai monaci che sono come cani e gatti.

Il Sodoma ha lavorato nell’Abbazia di Monte Oliveto per tre anni circa e si dice che abbia sudato le proverbiali sette camicie e quindi lui ha dipinto la settima camicia nell’ultimo affresco e l’ha messa lì ad asciugare; è l’affresco in cui si vede San Benedetto che fa l’ultimo miracolo: scioglie con lo sguardo un contadino che era stato imprigionato ed essendo l’ultimo affresco – quindi la fine del suo lavoro - il Sodoma stende la proverbiale settima ed ultima camicia ad un filo teso lassù in un angolo dell’affresco; è questo l’ultimo dispetto fatto ai monaci.

Negli affreschi non commentati si raccontano le regole a cui i monaci si devono attenere nel monastero, le regole devono essere rispettate: tale rigidità fa sì che ogni tanto dei monaci scappino dal monastero e trovino nel cammino un essere mostruoso che è il peccato che li fa pentire e ritornare indietro sui loro passi.

La Biblioteca

Nell’Abbazia di Monte Oliveto, oltre agli affreschi, pregevoli sono anche il coro ligneo e la biblioteca, entrambi opere di Fra Giovanni da Verona che ha lavorato nell’Abbazia nello stesso periodo di Sodoma influenzandosi a vicenda, infatti, il colonnato realizzato nella biblioteca ricorda molto il colonnato che si vede in uno degli affreschi realizzati dal pittore.

La Spezieria

La Spezieria del Convento fu attiva fino al 1865. La sua ricca collezione di vasi da farmacia è ospitata nella stanza superiore della biblioteca monumentale, e comprende maioliche del ‘600 e ‘700 provenienti dalle fornaci di San Quirico d'Orcia.

La Liturgia

Orario liturgico

Feriale:
ore 08.00 Lodi
ore 18.15 Vespri e S.Messa conventuale (canto gregoriano)
ore 21.00 Compieta

Festivo:
ore 08.15 Lodi
ore 11.00 S.Messa solenne (canto gregoriano)
ore 18.30 Vespri cantati (canto gregoriano) e Bened. SS.Sacramento
ore 21.00 Compieta

Il canto gregoriano

I numerosi visitatori che passano a Monte Oliveto sono spesso attirati dal canto gregoriano dei monaci: un canto che fa vibrare l'inesprimibile, desta la nostalgia di Dio e dei valori dello spirito, pacifica e tonifica la mente e il cuore.

Il canto gregoriano, che oggi più che mai affascina credenti e non credenti, risale alla Chiesa delle origini. Il Papa S.Gregorio Magno (†604), riordina e codifica il repertorio liturgico e dal suo nome sarà mutato l'appellativo di «gregoriano». Dall'VIII al XIII secolo scorre l'epoca d'oro del gregoriano e, dopo un periodo di parziale oblio e di alterazioni, nel XIX secolo sarà restaurato nella sua primitiva purezza grazie agli sforzi dell'Abate Guéranger e dei suoi monaci di Solesmes (Francia). Il Concilio Vaticano II lo ha riconosciuto come «proprio della liturgia romana», raccomandandone il posto principale nelle azioni liturgiche.

Lo stile del canto gregoriano è unicamente modale, e questo spiega la sua ineguagliabile suggestione spirituale che afferra chi lo canta e lo ascolta. Antoine de Saint-Exupery ha scritto: «In fondo non c'è che un problema: far piovere sugli uomini qualcosa che assomigli al canto gregoriano».
A Monte Oliveto, come in tanti altri monasteri benedettini, viene usato integralmente nella Messa conventuale, ai Vespri, alla Compieta e, in parte, alle Lodi.

Abbey of Monte Oliveto in English

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